Vi siete mai domandate se ci sia un’alternativa al servizio di mensa scolastica, magari più sana ed economica? Quante volte i Vostri figli sono usciti da scuola quasi digiuni? Quante volte avete visto bidoni dell’immondizia pieni di cibi della mensa, intatti?
Ebbene, l’alternativa ESISTE grazie a centinaia di genitori che a partire dal 2014 hanno aperto la strada attraverso decine di procedimenti giudiziari; grazie a loro in Italia è stato affermato il diritto all’autorefezione o “pasto da casa”. Invano dirigenze scolastiche, amministrazioni comunali e lo stesso Ministero dell’Istruzione hanno tentato di resistere, ma sono sempre stati travolti dalla portata
costituzionale del diritto all’autorefezione.
Cerchiamo di ripercorrere questa storia avviata dai genitori di Torino.
I principi generali del tempo mensa
La mensa scolastica comunale onerosa NON può essere obbligatoria perché la Costituzione prescrive che la scuola dell’obbligo sia gratuita (art. 34); il tempo mensa è parte essenziale del tempo scuola (D.Lgs 59/04) e, quindi, nessuno può obbligarvi a prelevare i figli durante il pranzo se avete deciso di non essere più clienti della ditta di ristorazione.
Il refettorio è un locale scolastico pubblico, aperto a tutti i bambini, anche se mangiano quello che preparano loro i genitori, quindi è diritto di tutti i bambini servirsene perché è lì che gli insegnanti assolvono alla loro funzione educativa, anche a tavola. Ciò significa che non è necessario personale aggiuntivo e che nulla può essere chiesto alle famiglie a livello economico. Quanto alle pulizie
del locale, se non vi provvede la ditta comunale per contratto, ci dovrà pensare il personale ATA, già pagato con le Vostre tasse.
Ma chi ha stabilito l’esistenza e la portata di questo diritto?
Tutto nasce a Torino quando nel 2014, centinaia di famiglie dopo che il TAR Piemonte aveva respinto il loro ricorso contro l’ennesimo rincaro della tariffa mensa (legittimando i Comuni a “far da padroni” e stabilire le tariffa in base alle esigenze di bilancio) decidevano di non fermarsi li.
LA GIURISPRUDENZA
Queste famiglie allora chiesero al Tribunale di accertare il diritto di portare a scuola i “pasti da casa”; il Tribunale disse di NO, ma la Corte di Appello di Torino disse, invece, l’esatto contrario. È la fondamentale sentenza 21 giugno 2016 n. 1049 che ha accertato per la prima
volta la sussistenza del diritto all’autorefezione a scuola. Dopo questa sentenza centinaia di famiglie a Torino rivendicarono lo stesso diritto,
ma il Comune e le dirigenze scolastiche continuavano a negarlo. Così, tra l’agosto ed il settembre 2016 furono depositati 15 ricorsi d’urgenza ed il Tribunale di Torino con 15 Ordinanze cautelari questa volta disse di SI. Il diritto venne anche confermato dal Collegio del Tribunale di Torino il 9 settembre 2016, respinse il reclamo del MIUR contro una delle 15 ordinanze cautelari.
Da allora il Pasto da Casa a Torino si è fatto strada ed oggi ne fruisce quasi 1 alunno su 3.
Il pasto da casa ha poi varcato i confini del Piemonte ed è stato riconosciuto dai seguenti Giudici:
- Tribunale Milano – due conciliazioni con il MIUR che si è arreso senza nemmeno combattere.
- Tribunale Bologna – conciliazione col MIUR per le famiglie di Ferrara.
- Tribunale Genova e Tribunale Roma: con ordinanza riconoscono il diritto all’autorefezione lasciando autonomia organizzativa ai dirigenti.
- Tribunale Potenza: accerta il diritto e impone alla dirigente di organizzarsi
- T.A.R. Campania, sentenza n. 1566/18 annulla il regolamento del Comune di Benevento che rendeva obbligatoria la mensa comunale lasciando come unica alternativa l’uscita ed il rientro durante il tempo mensa.
- T.A.R. Lazio, sentenza n. 1641/2018, respinge il ricorso di una ditta di ristorazione che si opponeva all’ingresso dei bimbi col pasto da casa in refettorio.
- TAR Liguria: ordinanza n. 269/2018 riconosce il diritto lasciando autonomia organizzativa discrezionale, ma non arbitraria, alla dirigente.
- Consiglio di Stato, sentenza n. 5156 del 3 settembre 2018 (uesta è la vera ciliegina sulla torta); il C.d.S., respingendo l’appello del Comune di Benevento contro la sentenza n. 1566/18 ha sancito che i dinieghi opposti alle famiglie ... limitano una naturale facoltà dell’individuo - afferente alla sua libertà personale; il diritto di scelta è per sua natura e in principio libero e deve potersi esplicare vuoi all’interno delle mura domestiche vuoi al loro esterno: in luoghi altrui, in luoghi aperti al pubblico, in luoghi pubblici, salvo che non vi siano opposti interessi pubblici o generali, fermo comunque l’obbligo di ricercare un bilanciamento degli interessi.
Il pasto da casa, quindi, è stato riconosciuto da una GIURISPRUDENZA UNANIME come diritto soggettivo di rango costituzionale, naturale facoltà dell’individuo afferente alla propria libertà personale.
Sportivamente parlando: Famiglie 26 – M.I.U.R 0
E parliamo di “signori Giudici” (Tribunali, Corte di appello, TT.AA.RR. e Consiglio di Stato), mica del Giudice di Pace di Rocca Cannuccia Sottana!!!
GLI ATTI AMMINISTRATIVI CHE LEGITTIMANO L'AUTOREFEZIONE
Ma è soprattutto a livello amministrativo che il MIUR e gli Enti locali hanno ceduto. Ha ceduto per primo l’Ufficio Scolastico Regionale del Piemonte che ha anche istituito un Osservatorio per disciplinare la materia, organo composto da tutte le categorie interessate (dirigenti, insegnanti, genitori, personale ATA) producendo ottimi risultati consultabili on line.
Disposizioni analoghe sono arrivate dall’Ufficio Scolastico Regionale della Lombardia, dall’U.S.R. del Veneto (nota prot.n. 20681 del 15 novembre 2016), dall’U.S.R. dell’Emilia Romagna (nota prot.n. 18642 del 22 novembre 2016) e dall’U.S.R. del Lazio (nota prot.n. 4979 del 9 marzo 2017 e nota prot.n. 38321 del 26 settembre 2018).
Ma è stato soprattutto a livello centrale che il M.I.U.R., con nota 3 marzo 2017, prot.n. 348, ha dettato le linee guida nazionali per l’armonizzazione del servizio pubblico con il diritto al pasto da casa o autorefezione equiparando i pasti da casa ai PASTI SPECIALI.
Dato che celiaci, intolleranti o bambini con diete etiche o religiose non sono relegati a mangiare in classe o in corridoio, ma siedono accanto ai compagni, perché mai accettare che i bambini col pasto da casa debbano essere reietti e discriminati?
La convenzione di New York 20 novembre 1989 sui diritti del fanciullo (legge 27.5.1991 n. 176), dovrebbe darVi qualche chiave di lettura!
Generalmente i bambini col pasto da casa sono accusati di essere dei CONTAMINATORI, di essere potenziali UNTORI di manzoniana memoria e fonti di INTOSSICAZIONE!
Ed ecco, quindi, che i detrattori (che pensano solo al business) fan partire la caccia alle streghe. Ma le streghe altro non sono che le mamme, evidentemente giudicate inadatte a nutrire in modo sano i propri figli mentre le ditte di ristorazione, quelle si sarebbero ineccepibili.
Andate a chiederlo ai genitori di Pescara dove centinaia di bambini sono stati ricoverati in ospedale con il solito valzer di scaricabarile sulle responsabilità. O seguite sulla pagina FB del Caromensa Torino la simpatica rubrica “mense da incubo”; ce n’è una quasi ogni giorno.
O leggete il rapporto NAS 2018 dal quale emerge che una ditta su tre è IRREGOLARE.
Anche se oramai ci siamo affezionati al VERMETTO che compare quotidianamente nelle diete dei bambini, un po’ meno ci piacciono blatte, muffe, viti, capelli, bulloni, pesce avariato, cibi scaduti, frutta marcia e sfere di acciaio … ma ahimè, ci sono anche quelle!
Anche alcune Regioni non sono state a guardare ed hanno disciplinato la materia:
Toscana - Emilia Romagna - Lazio -Veneto
Concludiamo allegramente …
Il PASTO da CASA è un diritto faticosamente conquistato; i genitori di Torino, che tramite la loro pagina Facebook, postano quotidianamente notizie ed INFORMANO, hanno aperto giudizialmente la strada; i genitori di, Ferrara, Potenza, Genova, Milano, Benevento e di centinaia di altre Città, l’hanno asfaltata di fine velluto e l’hanno allargata! Ora è percorribile liberamente. Basta volerlo.
Decine di comitati spontanei in tutta Italia, hanno creato rete e tramite FB informano le famiglie sull’esistenza di questo diritto, un diritto che viene generalmente ignorato da Amministrazioni comunali e non reso noto dai dirigenti; ancora oggi moltissime famiglie si sentono rispondere che il diritto non è esercitabile, che non ci sono locali, che non c’è personale supplementare o che il rischio di intossicazioni è ingestibile. Fandonie belle e buone come Vi abbiamo scritto sopra.
Sui diritti dei bambini si fa spesso prevalere un business miliardario; ai genitori viene irragionevolmente negata la possibilità di accudire con cura e amore i propri figli, anche tramite il cibo, imponendo una cucina industriale spesso carissima e di scarsa qualità.
Qui non si tratta di voler demolire o contrastare il servizio pubblico; non c’è nessuna gara. Chi lo desidera può sempre scegliere la mensa comunale, ma chi non lo desidera deve pur essere libero di SCEGLIERE. La sola accortezza imposta è quella di evitare che vi siano scambi di cibi tra bambini, almeno a pranzo.
Tramonta quindi la storica frase … “me ne dai un pezzo” sentita o pronunciata quasi da tutti negli anni di scuola, ma tranquilli, questo vale solo a pranzo, perché a merenda – ancora libera e non a pagamento – possiamo ancora contaminare liberamente ed intossicare tutti!!!
Per oggi può bastare.
Avvocato Giorgio Vecchione