Genitori adottivi

Genitori adottivi Genitori di Cuore

“E quella speranza vale quanto una certezza. O forse di più.
Si, di più.

Perché una certezza ha un contorno, una fine, un punto.
La speranza, invece, non la puoi contenere in confini prestabiliti:
la speranza è aperta, ha solo un punto di partenza, mai una fine.

La speranza è un contorno aperto e fluttuante che abbraccia anche l’impossibile. Come i sogni.”

Altrove di Patrizia Fortunati

 

L’amore vince su tutto

Noi donne siamo così belle, ma dannatamente diverse, per nostra fortuna.

Ci sono donne che puntano al lavoro, ad una posizione, chi invece dedica anima e corpo alla cura della casa (come mia madre). Alcune fanno delle loro passioni un lavoro, altre hanno una famiglia.

Diciamoci la verità, non c’è un'età precisa in cui si sente questo bisogno. Accade a vent’anni, come a quaranta. Non c’è una regola assoluta. Ma quando arriva quel momento, vogliamo che tutto sia perfetto.

Matrimonio perfetto, vita di coppia che va a gonfie vele e figli belli come il sole. Nove mesi separano mamma e papà dall’appuntamento con l’amore della vita. Un amore che non ha confini, né libretto delle istruzioni, che ti prende ogni singolo centimetro del corpo e che ti cambia la vita.

Ma non sempre va così.

A me, come ad alcune di voi non andrà così.

Io ho girato decine di ospedali e studi medici, avevo le braccia a pois per i prelievi di sangue. Forse ancora non mi rendevo conto di quello che stavo vivendo. Avevo poco più di vent’anni.

Passano i mesi, passano le visite, ma la risposta era un coro di camici bianchi, “insufficienza ovarica precoce”... Menopausa, in parole spicciole.

Tutto quello che ho vissuto dopo è solo dolore. Giornate passate a sbattere la testa contro il muro e a chiedere “perché proprio io?”

Ancora più difficile è stato affrontare il tutto con il mio fidanzato, ora marito. Non è stato semplice, mi sentivo in colpa nei suoi confronti. Non potevamo avere una vita felice. Abbiamo pianto insieme, l’ho anche lasciato per potergli lasciare la possibilità di una vita migliore. Ma l’amore vince sempre su tutto. Lui non aveva paura e piano piano, abbiamo scritto un nuovo capitolo della nostra vita.

Ci siamo sposati. Ci amiamo. Io sono la sua famiglia, lui la mia.

Forse, le cose non vanno sempre come speravamo. Forse non poter diventare genitori biologici ci ha uniti ancora di più. Forse questa è stata la vera cura alla paura e al dolore di dover convivere con questa mancanza.

Se ripenso a quello che sono stata, mi rendo conto di non aver capito niente, perché oggi siamo ancora soli, ma sono la persona più felice sulla faccia della terra, anzi di tutte le galassie.

Abbiamo una missione che si chiama ADOZIONE

Genitori adottivi e ricerca della felicità

Mamma e Papà… A pensarci bene, quando pronunciamo queste parole le labbra si baciano due volte. Non esiste cosa più bella, più dolce e tenera di sentirsi chiamare così. Avere un figlio che ti chiamerà mamma è, senza alcun dubbio, meraviglioso.

Noi genitori adottivi non siamo genitori a metà, non siamo e non saremo mai dei benefattori, non siamo da etichettare come quelli che “fate anche un’opera di carità”. La carità è un’altra cosa.

Semplicemente, abbiamo aperto i nostri cuori e la nostra anima a degli sconosciuti che hanno scavato a fondo delle nostre vite.

Abbiamo tirato fuori le nostre ansie e le nostre paure, ma anche delle motivazioni forti quando ci viene chiesto “perché questa scelta”? Come se presentarsi davanti a psicologi, assistenti sociali e giudici a raccontare le nostre vite, non fosse già abbastanza.

Eppure tutto questo ti fortifica. Quel figlio incominci a desiderarlo con tutte le tue forze.

Pensi a quella madre che partorirà tuo figlio e la ringrazi, perché ti donerà, senza nulla chiedere in cambio, la possibilità di diventare genitore.

Quella vita che ha portato nel grembo poteva non vedere mai la luce, praticando l’aborto, invece l’ha portata con sé per nove mesi, ha avuto coraggio ed ha affrontato tutto da sola. Non possiamo permetterci di giudicarla in nessun modo, non sappiamo cosa spinge una donna a lasciare il proprio figlio in una culletta d’ospedale.

E io vorrei poterle abbracciare tutte quelle donne, una per una.

L’adozione è senza ombra di dubbio un percorso assai difficile. Ma non è impossibile. Fondamentale è andare oltre lo step “ho tanto amore da dare”.

“Ho tutta me stessa da dare, ad un bambino che ha bisogno di me” invece, è il punto di partenza. E’ quella speranza che è un contorno aperto e fluttuante che abbraccia anche l’impossibile. Come i sogni.

Supermamma MariaCarmela Carlucci

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