Adozioni e rischio giuridico

Adozioni e rischio giuridico: la paura di perdere un figlio

Quando si parla di adozione si pensa sempre a lunghi viaggi in Paesi lontani e bimbi da portare via con l’aereo.

Poi c’è un’altra adozione, quella nazionale, forse meno poetica ma sicuramente non meno avvincente. L’adozione nazionale è fatta di tribunali e burocrazia “all’italiana”, di attese e file agli sportelli, di telefonate e firme dimenticate. E’ fatta anche di appuntamenti inattesi nei quali, nel giro di poche ore, diventi genitore e magari diventi genitore di un fagottino di pochi giorni da andare a prendere all’ospedale.

E dopo? Dopo cosa succede? A parte le notti insonni e i pannolini da cambiare, cosa accade ad una mamma e un papà che hanno avuto la possibilità di adottare bimbo in Italia?

A far compagnia a queste belle famiglie c’è un mostriciattolo chiamato RISCHIO GIURIDICO. Il Rischio Giuridico non fa dormire la notte, fa perdere quel paio di chili alla mamma e innervosire il papà. Il Rischio Giuridico è un mattone sul petto quando si aprono gli occhi la mattina.

Tecnicamente parlando il Rischio Giuridico è
quel periodo di tempo nel quale i parenti biologici fino al 4° grado, possono proporre impugnazione avanti alla Corte di Appello.

Nelle adozioni nazionali il Rischio è sempre presente con gradi diversi a seconda della situazione.

Per i neonati non riconosciuti alla nascita il Rischio è solitamente definito basso, nel mio caso ad esempio è stato di 5 mesi, ma in casi più problematici possono passare anche anni, si possono quindi attraversare tutti e tre i gradi di giudizio e rimanere sul filo del rasoio per tutto il tempo. Intanto la mamma e il papà adottivi amano quel figlio, lo crescono e lo curano e la sola idea di perderlo fa tremare le gambe.

Come ho vissuto io il Rischio Giuridico?

Galleggiando. Galleggiavo in un misto di paura ma anche di beatitudine per quella maternità tanto desiderata. Guardavo mio figlio e piangevo al solo pensiero che potesse accadere qualcosa di atroce e definitivo. Mi preparavo in qualche modo ad un possibile “lutto”. Mi chiedevo come sarebbe stato se avessi partorito io quel bambino, se non avessi dovuto subire la paura di perderlo.

Invidiavo le altre mamme, mi dicevo che loro non si rendevano conto della fortuna che avevano nel non dover sopportare quel peso che andava a sommarsi alla stanchezza e alla mancanza di sonno. Avrei pagato oro per scambiare i loro punti del cesareo o le ragadi al seno con quel mattone che avevo io sul petto.

Ma poi, una bella mattina di primavera quel peso sul petto è sparito…

Arrivò una telefonata dal Tribunale, una di quelle telefonate che ti cambiano la giornata, le prospettive e danno speranza. Mi comunicarono che il Rischio era terminato ed iniziava il tanto sospirato Affido pre-adottivo. Cascai sulle ginocchia e piansi tutte le lacrime di gioia trattenute per troppo tempo.

Iniziava così un altro percorso, l’ennesimo, ma di certo il più leggero. Con l’affido si mette fine alla paura, si chiude la porta di casa a doppia mandata sicuri che nessuno, da quel giorno, potrà portare via il proprio bambino e si continua a camminare insieme, mano nella mano verso l’adozione definitiva.

Adottare un bambino non è facile, si passa attraverso mille ostacoli... a guardarli oggi mi sembrano ancora più terribili. Spesso mi chiedo come ho fatto a resistere per tutto quel tempo, come ho fatto a non impazzire e a non arrendermi, ma poi c’è mio figlio che mi abbraccia e mi da un disegno di un cuore stortino e scarabocchiato ed ecco spiegato il motivo per il quale non mi sono arresa. 

Supermamma Barbara Dolci

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