Andare a dormire, il punto di vista di un papà!
Questo non è il classico articolo su come mettere a letto i bambini.
Questo è molto di più, è amore puro.
Mi sono imbattuta un giorno, non so neanche come in un blog di un uomo, un dottore, un papà... una piccola paginetta su facebook "un uomo tranquillo". Leggendo la sua pagina alterno risate e lacrime strappacuore, leggete di seguito il post di Fabrizio Mastropietro ne vale la pena. Sicuramente ne rimarrete colpiti come ne sono rimasta io. 🙂
"E' ora di andare a dormire.
Si alza dal divano a fatica, è stanco della giornata passata tra scuola e sport e facce di vita necessarie, lo accarezzo sulla testa mentre si incammina lungo il corridoio, instabile sulle sue gambe da bambino. Ciondola come un ubriaco battuto dalla vita e dalla bottiglia e lo sorreggo perché non si faccia male. Altalena tra le pareti che sembrano stringersi e allargarsi ad ogni passo a volerlo catturare. Mi sembra così piccolo o almeno lo vedo così minuto nonostante abbia già otto anni e mentre lo stringo teneramente indicandogli la giusta via verso il letto, sento tutta la tenerezza possibile riscaldarmi in un attimo. Sono dietro di lui come un gigante, a difesa della sua fragilità, ma mi sento come un lillipuziano, languido, a cospetto del mondo esterno. Ed è con questi occhi che mi guarda, e mi vede paladino a presidio della sua sicurezza e io mi sento così debole che non mi perdonerei mai se gli succedesse qualcosa.
Entriamo nella sua stanza prendendo la curva stretta come ciclisti su tornanti di montagna e immediatamente si butta sul suo giaciglio, lasciandosi cadere a peso morto incurante delle decine di giocattoli che lo invadono; bofonchia qualche parola priva di significato mentre lo spoglio per mettergli il pigiama.
E lo guardo, piccolino, e mi ricordo di quando gli altri due avevano la sua stessa età e mi rendo conto che non li posso più baciare come vorrei e che mi mancano quelle tenerezze che solo un bambino può concederti. Mi chiedo quanto tempo mi resti, quanto tempo ancora abbia a mia disposizione prima che anche lui passi dall'essere un bambino ad essere un ragazzo e io perda il privilegio di accarezzarlo.
Gli rimbocco le coperte stando attento a lasciare fuori la testa minuta di soffici capelli biondo scuri e osservo il corpo fasciato, così lungo e così lontano da quella sera di un settembre romano.
Lo bacio trasportato da un amore che non ha limiti e lo sento appena, con gli occhi già cisposi farfugliare:
“Papà...mi racconti un altro pezzo della storia del fantasma?”
Sta praticamente dormendo ma Cupido scaglia la freccia e mi regala una dose di gioia pura. E proprio in questo momento ne ho bisogno. Ho letto 'Il fantasma di Canterville' di Oscar Wilde anche agli altri due, anche più volte, ed ogni volta è stato un benessere dell'anima, una iniezione di linfa di vita, un naturale elisir di lunga vita; è una storia così divertente, mi piace da morire e mi diverto anche ad interpretarla.
Ne posseggo diverse versioni, vado a prendere quella in corso e inizio a leggere riprendendo da dove l'avevo lasciata. Calcolo che abbia meno di un minuto di autonomia ma spero tanto resista ancora un po'.
E' vero, le favole lette ai bambini la sera hanno, nella mente dei genitori, lo scopo di farli addormentare prima possibile. Per me no. Per me è diverso, io voglio trasmettere il piacere per la lettura, per la grande letteratura, l'amore per un'arte senza tempo che permette voli di fantasia.
Così spero resista ancora un po', che io possa leggere almeno un paio di pagine.
Sta per arrivare quel punto in cui......
“Papà?”
“Si?
“Però....quando parla il fantasma non fare quella voce satanica, ieri mi hai messo paura”. Lo dice sorridendo e mi ricordo che forse proprio tranquillo non fosse.
Gli striscio una carezza sulla guancia.
“Ma dai, lo sai che questo fantasma è una vittima. Poverino, cerca in tutti i modi di spaventare la famiglia americana e quelli se ne fregano. Addirittura puliscono le macchie col Supersgrassatore Mondiale. E' simpatico il fantasma, non è vero?”
“Si. E' simpatico. Ma tu la risata satanica non la fare”
Comincio a raccontare e come è naturale mi immergo completamente in una storia che conosco a memoria, faccio scorrere il tempo, leggo ritmando la prosa unica e irripetibile di Oscar Wilde, cambio tonalità di voce, passo dal basso al baritono al tenore, correndo su e giù per la scala toni alti e bassi, faccio volare le parole nella stanza e mi prendo pause per lasciarle ricadere giù. Non guardo ancora il piccoletto, non voglio scoprire che è già nel mondo dei sogni, voglio continuare a leggere, respirare il tempo che si è fermato, rimanere in quello spazio senza età, ancorato a quelle mura di una stanza confusionaria, vissuta e così amata. Il Fantasma di Canterville mi accompagna con i suoi tentativi di sentirsi ancora vivo, di voler rivendicare un possesso datogli dall'eternità, di non arrendersi al mondo che avanza, alla freddezza, alla razionalità, alla praticità.
Il fantasma di Canterville ha ancora bisogno, come me, di pensare ad un mondo dove l'amore, impalpabile forza magnetica, ha ancora la capacità di smuovere i pensieri.
Non è lo sguardo che gli rivolgo, è il respiro pesante che mi avverte che posso fermarmi qua.
Guardo il mio amore e quelle coperte che ritmano il respiro e se ne vanno su e giù in un ballo lento.
Ripongo il libro in un silenzio più forte del silenzio, un ultimo bacio sulla fronte, quello che fa passare ogni bua.
Mi avvicino alla porta, la apro lentamente per non fare entrare troppa luce nella stanza, esco senza emettere alcun rumore, o almeno provo a farlo, e lancio un ultimo sguardo pieno dell'amore più puro.
Tutte le favole sono destinate a finire.
Ecco perché non bisogna mai smettere di leggerle la sera.
Buonanotte piccolino mio."
Fabrizio Mastropietro
♥