E così sono tornata a lavoro…
Questo potrebbe essere il finale della storia che sto per raccontarvi e che in realtà rappresenta un inizio, non la fine.
Sono Ornella, quasi 39 anni, una figlia di quasi 10, un marito di quasi 46 anni e mille cose da fare, quasi sempre nel caos. Questa è la mia vita, quella che ho scelto di vivere da qualche anno. Faccio un passo indietro, a prima che nascesse mia figlia.
Decido di andare via di casa e iniziare a convivere, lascio l’azienda di famiglia, che mi opprimeva e faccio svariati lavori per tirare a campare. Succede poi, che perdo il lavoro, come centralinista in un call center (più che perdo, è quel lavoro che perde me, ma son dettagli!) e mi ritrovo a passare lunghe giornate in casa. Il mio compagno finalmente si sente tranquillo di avermi “sotto controllo” e che possa diventare la casalinga che ha sempre sognato. Ci sposiamo e resto incinta.
Ricordo ancora giornate intere, divise tra le faccende domestiche, la tv e la spesa. Nasce mia figlia e dopo poco tempo, i miei genitori mi chiedono di tornare in azienda. Sono sincera, in quel momento storico, non mi interessava salvare una nave che stava affondando (l’azienda di famiglia appunto), ma scappare da un ruolo che mi stava davvero stretto e non mi faceva sentire libera: casalinga disperata.
Ho passato notti insonni a pensare come parlarne con mio marito. Cosa avrebbero pensato i parenti e certi amici, della scelta scellerata, di andare a lavoro con una bimba piccolissima?
Si, diciamolo chiaramente, il contesto culturale in cui, mediamente siamo immerse, non ci rende sicuramente libere dai preconcetti. Una donna che lavora è probabilmente, per tanti, un’egoista ed egocentrica, che non riesce a godere delle gioie della maternità e cose simili.
Io, almeno, sentivo perennemente questo ritornello nella mente. E nemmeno i miei genitori, che mi avevano proposto la cosa, erano pienamente d’accordo che io ritornassi a lavorare. Così, proprio come una gladiatrice, entro nell’arena e fondo una mia azienda.
Penso di aver vissuto l’inferno e di esserne uscita, con non poche ferite.
Nessuno era d’accordo che tornassi a lavorare e per potermi focalizzare sull’acquisizione di nuovi clienti, ho cominciato anche a studiare. Mia figlia ha cominciato il nido e dopo solo due settimane, è stata male per un’infezione orale...Mi pareva davvero di avere il mondo contro. Qualunque cosa facessi, creava più problemi che benefici.
Ho cominciato pian piano a sentirmi più a mio agio.
A fare quello che mi piace e ho ricominciato a sentirmi libera di esprimermi. È come essere un’artista, una pittrice ed essere costretta per anni a restare chiusa in una stanza, bellissima ma senza tele e colori.
Ora avevo riavuto le mie tele e i miei colori. Stavo ricominciando a colorare la mia vita. Di sicuro i problemi ed i sensi di colpa, non sono cessati all’improvviso: ho fatto un lungo percorso introspettivo che mi ha aiutata soprattutto a conoscermi meglio.
Tornare a lavoro, per noi donne è troppo spesso un trauma vero e proprio.
Il contesto non aiuta. Non ci sono strutture adeguate alle esigenze di orari, soprattutto. Non c’è il giusto supporto psicologico e di incentivo al ritorno al lavoro. Quali sono le cose principali che potete fare per risparmiarvi un po’ di sofferenze inutili?
Ecco le prime 3 cose che vi suggerisco per ritornare a lavoro:
- Mettete per iscritto quello che amate fare.
Io, ad esempio, ho sempre amato la comunicazione e le borse. Ho cominciato a ricercare qualunque informazione potesse aiutarmi a ritornare al lavoro e rendere la cosa vicina al mio sogno. - Condividete le vostre paure con qualcuno che non vi rema contro
Uno degli errori che ho fatto (di sicuro il più grande) è quello di voler convincere persone di cose di cui non ero convinta nemmeno io, o almeno non avevo ben chiaro quale fosse il progetto ben delineato. Se ne avessi parlato solo con le amiche che mi appoggiavano, le paure che avevo, avrebbero avuto dimensioni “normali” e non gigantesche, da catastrofe nucleare. - Combattete i vostri pregiudizi
Il problema maggiore è che quando ho deciso di ritornare a lavoro, il pregiudizio più grande era proprio il mio.
Mi sentivo una donna incompleta e una mamma ingrata. Tutto era proiettato sul tempo, un numero e non sulla qualità della vita. Ho cominciato a scoprirmi molto più fragile di quello che pensavo e prima di occuparmi di mia figlia, dovevo occuparmi di far crescere la “piccola Ornella” che avevo dentro.
Cosi sono ritornata a lavoro ed ogni giorno scopro qualcosa di nuovo, soprattutto su come essere una SUPER MAMMA libera e l’imprenditrice che sognavo di essere da piccola.
E voi mamme casalinghe vorreste ritornare a lavoro?
SuperMamma Level 1: Ornella Auzino